Gambari ha ottenuto di incontrare il capo della giunta militare. Intanto gruppi armati delle minoranze etniche attaccano l'esercito
Rangoon, Birmania
Dopo il colloquio a Rangoon di ieri con la leader dell'opposizione e Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, l'inviato speciale delle Nazioni Unite, Ibrahim Gambari, incontrerà domani il generale Than Shwe, capo della giunta militare. Lo hanno annunciato fonti del regime birmano. Gambari è già tornato
Dopo il colloquio a Rangoon di ieri con la leader dell'opposizione e Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, l'inviato speciale delle Nazioni Unite, Ibrahim Gambari, incontrerà domani il generale Than Shwe, capo della giunta militare. Lo hanno annunciato fonti del regime birmano. Gambari è già tornato
a Naypyidaw, il villaggio nella giungla che il regime birmano ha voluto come nuova capitale.
Intanto l'opposizione birmana non si piega. Secondo quanto riferisce Cecilia Brighi, responsabile della Cisl per i rapporti con le istituzioni internazionali e con i Paesi asiatici, «il sindacato birmano ha lanciato una mobilitazione generale per paralizzare il Paese». Al momento, però, alcune fonti interpellate dal Corriere non hanno confermato la notizia. La Brighi aggiunge che «l'alleanza degli eserciti delle etnie shan, karen, mon e karenny ha deciso di scendere in campo contro la giunta militare».
Emarginate da decenni dalla giunta militare, le minoranze etniche del nord e dell'est del Paese hanno deciso di scendere in campo al fianco dell'opposizione che fa riferimento al premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi. «I rappresentanti delle minoranze etniche che fanno parte del Consiglio delle organizzazioni democratiche», ha raccontato la Brighi, «si sono messi d'accordo con la dissidenza». Stando alle dichiarazioni del portavoce del Karen National Union (Knu), Pado Mann Sha, un'unità del battaglione 103 dell'Esercito di liberazione nazionale dei Karen ha attaccato e ucciso almeno quattro militari dell'esercito regolare birmano nei pressi di Phalu, nello Stato Karen.
Il professor B. T. Win, segretario del ministero degli Affari esteri birmano dal 1974 al 1978, teme che la situazione degeneri: «Se le dimostrazioni pacifiche non avranno successo, il pericolo di una guerra civile è molto concreto», ha aggiunto Win. Un pericolo che potrebbe però essere scongiurato dall'intervento della comunità internazionale, «solo se Cina e Russia non si opporranno con il proprio potere di veto».
Stroncati i cortei di protesta, svuotati molti monasteri, cresce il timore per quanti sono finiti in questi giorni nelle galere del regime. Organizzazioni per la difesa dei diritti umani parlano di oltre mille persone scomparse. Fonti diplomatiche straniere ritengono che centinaia tra sacerdoti buddisti e militanti dell'opposizione siano state portate via durante i giorni cruciali delle manifestazioni represse nel sangue. Stando all'Associazione di assistenza ai detenuti politici (Aapp), organizzazione con sede in Thailandia che da anni segue la situazione nelle 43 prigioni birmane, potrebbero essere 1.500 le persone scomparse la settimana scorsa. «Almeno 85 dimostranti, oltre 1.000 monaci e tra i 300 e i 400 studenti e attivisti sono stati arrestati», ha detto Bo Kyi, segretario aggiunto di Aapp, nel sottolineare che le condizioni nelle galere del regime sono terribili.
Il professor B. T. Win, segretario del ministero degli Affari esteri birmano dal 1974 al 1978, teme che la situazione degeneri: «Se le dimostrazioni pacifiche non avranno successo, il pericolo di una guerra civile è molto concreto», ha aggiunto Win. Un pericolo che potrebbe però essere scongiurato dall'intervento della comunità internazionale, «solo se Cina e Russia non si opporranno con il proprio potere di veto».
Stroncati i cortei di protesta, svuotati molti monasteri, cresce il timore per quanti sono finiti in questi giorni nelle galere del regime. Organizzazioni per la difesa dei diritti umani parlano di oltre mille persone scomparse. Fonti diplomatiche straniere ritengono che centinaia tra sacerdoti buddisti e militanti dell'opposizione siano state portate via durante i giorni cruciali delle manifestazioni represse nel sangue. Stando all'Associazione di assistenza ai detenuti politici (Aapp), organizzazione con sede in Thailandia che da anni segue la situazione nelle 43 prigioni birmane, potrebbero essere 1.500 le persone scomparse la settimana scorsa. «Almeno 85 dimostranti, oltre 1.000 monaci e tra i 300 e i 400 studenti e attivisti sono stati arrestati», ha detto Bo Kyi, segretario aggiunto di Aapp, nel sottolineare che le condizioni nelle galere del regime sono terribili.
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